Set Fire to the Rain

Shea x Robert

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  1. Shea Eventine McLean
     
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    Le ronde, di per sé, erano qualcosa di estremamente noioso e ripugnante per la dolce ed innocua Shea. Era costretta a passare del tempo... no, anzi, era costretta e basta, era quello il punto. La rossa odiava essere costretta, lei doveva - per definizione – avere sempre il controllo di tutto e tutti, quindi ancor di più del suo tempo e di come lo trascorreva.
    Già il vecchio – e folle – professore di Pozioni non la convinceva molto (era nuovo e puzzava sempre di alcool, un tipo poco raccomandabile insomma), ma dopo quell’ennesimo atto di follia non aveva fatto altro che salire nella lunga lista nera della ragazza, superando persino l’elfo domestico che le continuava a mettere il rosmarino nel pollo. Lei odiava il rosmarino. E gli elfi domestici in realtà. Aveva provato a sezionarne uno una volta, ma la sua magia le era sfuggita di controllo ed era scappato. Trovava estremamente ingiusto che gli Elfi potessero attingere a dei poteri che non erano concessi ai notevolmente superiori maghi. Era sbagliato, su questo non ci pioveva.
    Altra cosa su cui invece la pioggia ricadeva copiosa era il Castello, in quella triste e noiosa serata di Settembre. L’unica cosa bella del vivere in Scozia era il clima imprevedibile nei periodi in cui nel resto del mondo il caldo assillava le povere persone che come lei odiavano scoprirsi. Ovviamente, visto che Shea era una ragazza così fortunata, non poteva godersi il primo temporale di Settembre – una delle cose che invece stranamente tollerava nel mondo allo stato attuale – perché era costretta a stare al castello. Con Noble.
    Sì, avrebbe dovuto passare le seguenti ore con quella specie di rifiuto umano, quello scarto di Madre Natura, quel… quell’essere che nemmeno la Santa Tosca avrebbe accettato. Era stupido, viscido, ignorante e non conosceva nemmeno adeguatamente bene la sua lingua. Quale buzzurro non era ancora in grado di formulare una frase di senso compiuto a diciotto anni senza far venire il mal di testa al proprio interlocutore? Un giorno lo avrebbe ucciso, di questo ne era più che certa, e quello sarebbe stato il giorno più divertente… della settimana, sì. Dargli più importanza sarebbe stato poco coerente e totalmente assurdo.
    Già sapeva cosa gli avrebbe fatto: avrebbe prima cercato di vedere se nella sua testa ci fosse o meno un cervello, nel caso avrebbe provato a confrontarlo con quello di qualche animale simile, come…un bradipo, sì, o un tasso; in seguito avrebbe giocato un po’ come piaceva fare a lei, ma non avrebbe rivelato questi suoi pensieri a chiunque. Le piaceva tenere i suoi piani e le sue sperimentazioni più segrete possibili. Non ci si poteva fidare di nessuno in quel posto. Persino le mura avevano orecchie e purtroppo talvolta anche letteralmente!
    Subito dopo la cena la giovane dai capelli fiammanti aveva lasciato la Sala Grande, seguita dal suo fedelissimo Sketch, fino a raggiungere la sua camera, dove finalmente – sebbene per un tempo che le sembrò infinitamente breve – poté godere di un po’ di amato silenzio.
    Le voci nella sua testa erano così rilassanti, familiari. Era un piacere ritrovarle dopo una lunga ed intensa giornata costretta a fingersi normale di fronte a quegli inetti. Un giorno… Oh sì! Un giorno avrebbe governato il mondo e tutti sarebbero stati a sua immagine e somiglianza. Era solamente questione di tempo e per fortuna la giovane scozzese era dotata di una grande pazienza.
    Così, dopo essersi rinfrescata il viso raggiunse il primo piano, il luogo da cui lei ed il suo “collega”, per così dire, meglio noto come InettoSenzaCervello, avrebbero dovuto iniziare la loro simpaticissima ronda notturna.
    Che fortuna essere Caposcuola, no?!
    Bene, ci mancava solo che fosse in ritardo quel beota…Altri tre minuti e giuro che tolgo dieci punti alla sua Casa per metterli sulla sua testa.
     
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    Prima di cena, solita riunione tra i professori e i membri del corpo studenti. Caposcuola e prefetti a rapporto per scegliere i turni per le ronde. Robert dopo un po' ormai aveva fatto l'abitudine a quelle ronde. Adorava vagare da solo per il castello quando era il suo turno. Amava quel castello, ne conosceva ogni singola parte. Sin dal primo anno aveva girato all'interno di quelle mura per cercare i posti più nascosti e anche qualche passaggio segreto per passare inosservato. Quella sera invece avrebbe dovuto dividere il suo turno di ronda notturna con la dolcissima caposcuola di Serpeverde.
    "Visto che sembrate così amichevoli tra di voi, stasera i vostri turni saranno svolti in coppia, va bene Mr. Noble? e per lei Signorina Mclean?"
    Avrebbe voluto strangolarla quella nanetta di serpeverde. Durante la riunione, il caposcuola di corvonero aveva avuto un leggero battibecco con la serpeverde. Il professore di Pozioni Cohle aveva avuto la fantastica idea di accoppiare i due durante la ronda come una sorta di punizione. "Voglio vedere cosa farò quando troverò la tua dispensa di alcolici, brutto zoticone." Si diceva che il professore di pozioni fosse un po' pazzoalcolizzato per via di alcune vicende passate. A Robert non importava molto, durante le lezioni sembrava una persona piuttosto diligente e seria, al di fuori di quello era libero di fare quello che voleva. Dopo la splendida riunione si ritrovò nella sala grande, aveva la faccia piuttosto afflitta e stanca, una notte sana con quella pazza? No, non era concepibile per la testa di Robert, una notte piena di insulti e di minacce, insomma si prospettava una bella ronda.
    "Perché mi deve sempre stuzzicare? Mclean, sei insopportabile." Si ritrovò nella sala comune di corvonero dopo cena, controllò che tutte le cose fossero in ordine e, mentre si lasciava andare sul divano per qualche minuto pensava a come avrebbe potuto ignorare quella zecca al collo.
    I minuti sul divano si consumarono velocemente, era giunta l'ora di scendere per la ronda. Uscendo dalla sala comune di corvonero notò che fuori pioveva. "Bene, mia amata pioggia, fa sì che questa ronda sia più veloce del previsto"
    Scese le scale e si diresse al primo piano. Era da lì che sarebbe iniziato il turno e Robert man mano che scendeva quelle dannate scale, iniziava a pentirsi di aver conosciuto al lago, quel dannatissimo giorno, Shea Mclean.
    Se la prese comoda il moro, come il suo solito, sapendo benissimo che la sua collega era piuttosto impaziente. Le scale sembravano assecondarlo, ogni volta che si avvicinava al primo piano, si spostavano verso il secondo o il terzo, era divertente, almeno avrebbe avuto una scusa per il ritardo.
    Dopo qualche minuto di troppo si presentò di fronte a Shea: "Perdona il ritardo Mclean, ma sai bene che alle scale piace cambiare." Poteva sembrare una battuta, ma tutto quel buon spirito che si portava dietro, in presenza di quella nanetta svaniva nel nulla. Di tanto in tanto Robert provava ad immaginare se qualcuno avesse provato ad avvicinarsi a Shea, era una bella ragazza senza dubbio, ma poi il pensiero si riduceva ad un: "ma chi se la piglia una così?" Peccato, veramente un peccato. Come poteva un così bel fiore essere così spinoso all'interno?
    "Vai avanti, ti seguo." Aspettò che la serpeverde si incamminasse per iniziare quel turno che, a detta di Robert, sembrava infinito sin dai primi minuti.
     
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  3. Shea Eventine McLean
     
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    Il concetto dell’attesa, per la giovane scozzese, era assai complesso. Aspettare qualcosa, o qualcuno, era un’azione che aveva senso unicamente nel caso si fosse stati veramente interessati a quel qualcosa. Aveva sentito dire che l’attesa del piacere, ad esempio, era essa stessa il piacere, o che se si attendeva a lungo qualcosa di estremamente desiderato, questo diventava ancora più buono o bello, quando finalmente diventava nostro. Lei stessa si divertiva ad aspettare, da piccola, che i suoi piccoli amici smettessero di respirare, quando li chiudeva in scatole o provava gioia nell’attendere che tutto il sangue fuoriuscisse da una ferita prima che si rimarginasse. Erano cose piacevoli, era normale!
    Ma quindi non riusciva a fare a meno di chiedersi: perché doveva aspettare Noble? Che senso poteva avere attendere un ragazzo – così definito semplicemente perché pene-munito – che non aveva niente di interessante da offrirle?
    Sette minuti. Erano passati sette minuti, durante i quali lei non aveva potuto muoversi. Sette minuti che sarebbero stati recuperati in piena notte. Con lui. Non riusciva davvero a capire che cosa avesse fatto di male per meritarsi un simile trattamento da parte dell’universo. Salazar, aiutami tu.
    Quando il Corvonero arrivò – arruffato, con calma, puzzando di…maschio – Shea lo degnò di mezza occhiata con la coda dell’occhio prima di dargli le spalle. Non bisognava mostrare la schiena al proprio nemico, ma lui di certo non era qualcuno che poteva essere considerato tale, anzi, da bravo futuro suddito, doveva imparare a guardare la sua schiena, più che il suo viso.

    <<quando ti farai perdonare, forse sarai scusato. Non pensare che io sia sciocca, Noble, riesco a capire quando qualcuno ozia e se la prende comoda. Non fingere di avere più voglia di me di fare questa ronda>>

    Scosse la testa ed iniziò a camminare, seguendo il solito percorso. Dopo sette anni conosceva quel castello come le sue tasche, ogni angolo, pertugio e passaggio segreto erano ormai il suo pane quotidiano. Non esisteva una stanza che lei non aveva visto o un corridoio che non avesse calpestato. Avrebbe persino osato dire che alla fine di quegli ultimi mesi di scuola le sarebbe mancato, anche se aveva un paio di idee per non smettere di frequentarlo del tutto.
    Fece scivolare la bacchetta da dentro la manica, dove di solito alloggiava, fino alla sua mano e l’afferrò. Aveva un tocco delicato, la rossa, al contrario di quanto si potesse pensare viste le sue particolari attitudini, ed in particolare con la sua amata bacchetta. Era diventata realmente un’estensione del suo braccio, come il professor Lloyd le aveva detto a suo tempo. Quello era forse il Grifondoro più in gamba che aveva mai conosciuto (non che le altre case offrissero molti spunti, ovviamente, fatta eccezione per qualche raro esemplare).

    <<lumos - sussurrò - attento a non inciampare sui tuoi piedi, Noble, non vorrei dover portare il tuo cadavere al professore>>

    Il tono inquietante e la voce sinistra furono ovviamente del tutto involontari, come la maggior parte dei signori lettori avrà immaginato. Nessuna minaccia si nascondeva dietro quelle parole, nessun desiderio si celava dietro quella frase appena accennata. Anche se…era concesso sognare, no? Per il resto, non doveva far altro che…aspettare. La notte sarebbe passata, prima o poi.
     
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    Non fingere di avere più voglia di me di fare questa ronda
    Sapeva benissimo che Shea Mclean non avrebbe mai scusato Robert Noble di una singola cosa, ma su una cosa aveva sicuramente ragione: la voglia di fare ronda insieme.
    Mentre raggiungeva la serpeverde aveva pensato a diverse cose per smuovere quella nottata che sarebbe stata più lunga del previsto, ma la singola cosa che gli veniva in mente si andava a scontrare con una Mclean che non aveva mai mostrato segni di interesse nel voler esprimere qualche suo interesse al corvonero se non minacce e continui insulti, principalmente sulla sua mancanza di materia grigia.
    "Come non darti torto, chi vorrebbe passare del tempo con qualcuno della provincia di Kinross" Sapeva benissimo che Shea Mclean era scozzese, lo notava dall'accento e il cognome era abbastanza frequente in quelle zone; Robert sperava solamente che quelle povere persone con lo stesso cognome della serpeverde non fossero imparentate. "Non oso immaginare altre persone come lei." Forse si era fatta un'idea sbagliata della caposcuola della casata di Salazar, ma in quei pochi incontri avuti non era stato il massimo parlare con Shea.
    Certe volte non sapeva nemmeno come comportarsi, quella ragazza riusciva a confondere Robert in mille modi possibili, troppo enigmatica? Poca voglia di farsi conoscere? O semplicemente era Robert che non la capiva? Erano tante le domande che si era posto ogni volta che la vedeva in Sala Grande o a lezione, ma alla fine ricadeva tutto su un'unica risposta: Shea Mclean era una delle poche persone che riusciva a mettere i piedi in testa al corvonero. Questa cosa intrigava parecchio lo stupido il corvonero.
    Prese la bacchetta dalla tasca con poca voglia, con un leggero movimento del polso e un sussurro di voce recitò - Lumos.- La punta si illuminò con una leggera luce e iniziò a seguire la caposcuola di serpeverde.
    "Tranquilla Mclean, nessun cadavere. Però sono sicuro che se sopravvivo a questa notte, potrò definirmi soddisfatto." Si muoveva dietro la rossa e si lasciò scappare un piccolo sorriso. Sperava di non farsi vedere, avrebbe commentato persino quello stupido sorriso che gli era spuntato sul volto.
    La ronda iniziò in quel momento, Robert teneva la bacchetta bassa per evitare che la luce disturbasse i quadri del castello, molti di loro erano suscettibili ad una piccola luce e potevano persino farti la ramanzina per averli svegliati, continuando a camminare qualche passo indietro rispetto alla serpeverde. "Però ripensando a quella cosa sul cadavere, guarda il lato positivo: se dovesse succedermi qualcosa, sarai lì a goderti lo spettacolo, non è divertente?" Alzò un sopracciglio divertito, sapeva sicuramente che avrebbe risposto a suo modo e quella sera, forse per pura noia o forse per semplice divertimento personale voleva essere lui a stuzzicare la serpeverde.
    "Mclean vuoi sapere il perché sono arrivato in ritardo?" Sapeva già la risposta, ma era più una domanda retorica: "Mi stavo scervellando per capire come poter passare questa ronda diversamente." Allungò il passo per mettersi di fianco alla serpeverde: "Possiamo stare fuori quanto vogliamo, siamo due caposcuola e abbiamo accesso a quasi tutto il castello, potremmo fare qualsiasi cosa. Va bene, magari non sarò la persona migliore con cui vorresti passare questa notte, ma siamo al nostro ultimo anno, vorrei godermi il castello ogni giorno fino all'ultimo." Si lasciò andare un po', si era stancato dell'astio e dell'acidità, sperava solamente che Shea per una volta gli desse ragione.
     
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  5. Shea Eventine McLean
     
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    Se c’era qualcosa che Shea non riusciva a capire, nonostante i suoi ingenti sforzi, era l’attitudine sociale delle persone. Le aveva studiate per molti anni, durante la sua infanzia, soprattutto quando il mondo e la popolazione Hogwartsiana non si erano ancora accorti di lei; aveva provato a decifrare ogni loto gesto e comportamento nella società, arrivando a schematizzare la maggior parte dei loro gesti, dei comportamenti e soprattutto delle reazioni. Era stato il suo modo per sopravvivere a quel mondo che tanto le era estraneo e riuscire al tempo stesso ad integrarsi fingendosi una di loro.
    Eppure, negli anni, una cosa le era rimasta oscura: il perché talvolta le persone sentissero il bisogno di stare con altre persone. Perché, se non ne ricavavano favori, successo, potere, tornaconti personali, dovevano andare a cercare il prossimo? E soprattutto, se non si ha stima nell’altra persona, perché averci a che fare?
    Questa cosa la confondeva e l’avrebbe continuata a confondere ancora per molto, molto tempo. Robert Noble, quella sera, decise di confonderla ancora di più.
    Non era facile prenderla alla sprovvista o contropiede, se non per quanto riguardava appunto le…relazioni umane? Si poteva dire che la rossa non fosse una grande esperta in quello. Era brava a fingere civiltà ed agire in modo da ottenere dagli altri quello che voleva, ma quando si parlava di puro e semplice comportamento sociale... beh, la si coglieva impreparata.
    Ad esempio: perché Noble aveva fatto quella battuta su Kinross? Era razzista? Voleva farle notare di aver capito addirittura da dove venisse? Era stata lei a lasciarsi sfuggire qualcosa? O forse aveva qualche informazione contro di lei e stava per ricattarla? Per sua fortuna riuscì ad apparire molto calma e rilassata – complice il fatto che il Corvonero non poté vedere l’espressione stupita sul suo volto – quando gli rispose.
    Per quanto mi riguarda posso dare fuoco a Crook of Devon e tutti i suoi abitanti. Quel vecchio villaggio non è casa mia.
    Tutt’ora la ragazza non saprebbe dire perché ci avesse tenuto a sottolineare un dettaglio tanto rilevante per lei quanto insignificante per tutto il resto del mondo. Forse era ancora confusa dal ragazzo o semplicemente perché era soprapensiero, tuttavia pensò bene immediatamente di sorvolare sulla sua affermazione ed andare ad impelagarsi ancora di più in quella che sembrava la notte più non-sense di tutti i suoi sette anni al Castello. E fidatevi se vi dico che la giovane ne aveva viste davvero di tutti i colori.
    Aspettò che Robert finisse di parlare, senza riuscire a smettere di chiedersi perché continuasse a voler interagire con lei per tutta la durata di quello che le sembrò un interminabile discorso. In fondo i due non avevano mai avuto alcun interesse nel dialogare – lei in realtà non aveva interesse nel dialogare con nessuno – quindi perché cambiare le cose in quel momento? E poi: perché sorrideva? Che c’era da sorridere in un momento tragico come quello?!
    Lo avrebbe ripetuto all’infinito: Shea Eventine McLean non capiva le persone. Erano esseri insensati, al contrario delle sue amate api, in grado di seguire sempre gli stessi schemi comportamentali e sociali, prevedibili nella loro imprevedibilità. Erano perfette. Non come le persone, non come Robert.
    Quando lui ebbe finito si bloccò, fermandosi bruscamente, tanto da farsi finire una ciocca di capelli sul viso. La sistemò, prese un piccolo e silenzioso respiro e decise di degnare di uno sguardo – forse il primo per quella sera – il Corvonero.
    Perché?
    Domanda più che lecita, eppure qualcuno avrebbe giurato che si potesse leggere una nota di sincera curiosità in quegli occhi glaciali e nella sua voce atona come sempre. Nessuno avrebbe usato insinuare che in lei ci fosse dell’umanità, ma sicuramente si poté vedere un barlume di qualcosa di molto, molto simile.
    Perché hai usato il tuo tempo – sprecando il mio facendomi aspettare – per pensare a me? E cosa ti fa pensare che io abbia voglia di passare del tempo con te o il tuo cadavere in un modo che non sia il meraviglioso silenzio che regnava nel castello prima che tu iniziassi a parlare?
     
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    Era tentatissimo dal chiederle quale fosse la sua casa. Shea aveva affermato che il suo paesino doveva prendere a fuoco con tutti i suoi abitanti negando apertamente che Crook of Devon fosse casa sua. Preferì non aggiungere niente, in realtà Robert aspettava la risposta a quello che aveva detto dopo. Il corvonero sapeva bene di aver spiazzato la serpeverde con quel suo modo di porsi. Se c'era qualcosa che riusciva a bloccare Shea sicuramente era il contatto sociale e Robert l'aveva intuito.
    Sicuramente, come affermava diversamente la serpeverde, le sue azioni erano consapevoli e studiate nel modo più dettagliato.
    "Perché?"
    La domanda che si aspettava più di tutte, immaginava che Shea avrebbe risposto con una domanda, avvenuta solamente dopo un piccolo sospiro e, forse, il primo sguardo della sera che il corvonero riceveva dalla caposcuola: "Il suo sguardo rende questo fiore meno spinoso di quanto sembri." Pensò mentre incrociava lo sguardo con Shea, ascoltando successivamente ciò che aveva da dire.
    La ragazza si era domandata perché avesse sprecato del tempo per pensare a lei, in modo che lei lo aspettasse e sopratutto perché aveva rotto quel silenzio che, secondo Shea, aveva definito meraviglioso, per Robert era tutto il contrario.
    "Perché dici?" Le si piazzò davanti guardandola per bene negli occhi, incrociò le braccia e piegò la testa verso sinistra continuando a fissarla dall'alto, la serpeverde era poco più bassa del corvonero.
    "Magari hai ragione, non ho cervello se arrivo a pensare di poter fare qualcosa di divertente con te, Mclean." Affermò con un tono secco e abbastanza serio, doveva dividere la ronda con una persona che non avrebbe mai e dico mai voluto essere lì con lui e forse era sbagliato quello che aveva detto, ma la frittata era fatta e ormai, rotta per rotta era giusto romperla tutta, non credete?
    "Ho il brutto vizio di vedere il buono nelle persone, ognuno lo fa a modo suo." Abbassò le braccia e sospirò mettendosi di nuovo a lato della serpeverde: "Siamo nella stessa barca Shea, nessuno dei due vorrebbe essere qui." Si incamminò un po' più avanti superando l'altra caposcuola: "Mi vuoi silenzioso? Bene, stordiscimi. Se vuoi uccidimi pure Mclean, almeno sarò consapevole di averti rallegrato la serata in qualche modo." Continuò a camminarle davanti, sapeva bene che la serpeverde avrebbe potuto prendere alla lettera le parole del corvonero, ma in un certo senso sperava che non succedesse niente di tutto quello che aveva detto.
    "Potrei morire senza rimpianti."
    Se fosse riuscito a rendere Shea felice per almeno qualche minuto, magari anche un giorno solo, persino da morto forse sarebbe stato felice. "O magari potresti farmi vedere come e cosa ti diverte." Si fermò all'improvviso e si girò nuovamente guardando la serpeverde.
     
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  7. Shea Eventine McLean
     
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    Uffa. Non riuscì a pensare niente di diverso da quella stupidissima parola. Le aveva chiesto davvero di stordirlo? Ma così le avrebbe tolto tutto il divertimento! A quale predatore piace prendere una preda arresa, morta e stecchita? Era lo stesso principio per cui gli opossum si fingono morti di fronte ad una situazione di pericolo mortale (o solo pericolo, non sono animali particolarmente coraggiosi). Ecco, Noble era il suo Opossum in quel momento, in posizione fetale, con la lingua di fuori, a far finta di essere morto. Uffa.
    Aveva decisamente smesso di essere divertente così. Cosa poteva fare per renderlo nuovamente…utile?
    Sbuffò, lasciandolo finire – quel poveretto avrebbe perso il filo del discorso, come un ragazzino del primo anno di fronte ad un’interrogazione della Cooper e sarebbe stato uno strazio sentirlo di nuovo ripartire dall’inizio – cercando di evitare che il suo sopracciglio sinistro si alzasse ancora di più di quanto non facesse di solito, mostrando quanto fosse contrariata per quella sua risposta. Poi spostò il peso da un piede all’altro ed iniziò a fissarlo, in silenzio.
    Aveva i capelli troppo disordinati, non ci aveva fatto caso, se doveva rivolgerle la parola in pubblico doveva essere più ordinato e magari tagliarsi quei quattro peli che aveva sulle guance. Scese ancora di più con lo sguardo: aveva un po’ di pancetta. Quale pazzo che ci tiene un minimo a se stesso non si allena per eliminare quel rotolo che – secondo la scozzese – avrebbe presto fatto saltare il bottone della camicia? Nel complesso tuttavia era migliorabile, sembrava un po’ una scimmia, ma aveva del margine di miglioramento. Per quella sera forse poteva andare bene, il castello era deserto e nessuno l’avrebbe vista parlarci.
    Ok, Noble. Smetti di fingere di avere un cervello e provare ad insultarmi, perché non ci riesci, non sei credibile, ma ok. Questa sera si fa a modo mio.
    La cosa effettivamente la divertiva, doveva ammetterlo, era tanto tempo che non poteva giocare con qualcuno, da quando quella stupida di Morwen aveva fatto la spia alla professoressa – altrettanto stupida – di Babbanologia ed era sorvegliata a vista. Da quel triste momento i suoi esperimenti sulle persone erano dovuti finire ed in più erano qualcosa che Corinne non approvava particolarmente. Uffa, di nuovo.
    Però forse quella sera avrebbe avuto l’occasione per giocare di nuovo! Magari Opossum non era poi così inutile come sembrava, forse – e sottolineo forse – aveva ancora qualche speranza di salvezza. In fondo non era lui quello con il fratello geniale pazzo? Certo, quel tipo aveva fatto una cosa orribile alla sua Corinne, però bisognava ammetterlo: aveva del potenziale. Magari quelle caratteristiche erano genetiche e lei poteva ricavare qualcosa di davvero buono da Opossum.
    Per prima cosa non siamo nella stessa barca – asserì, con una vena divertita nel tono, che trasformava la sua voce da stranamente distante a quanto di più simile ci potesse essere al suono di un campanellino – Tu sei molto più in basso, questo deve essere chiaro, per il resto….vediamo
    Si mise in punta di piedi, prese la bacchetta e gliela poggiò sulla guancia, facendola scorrere lentamente verso il basso, lasciando dietro di sé una scia rossa, per via del diffindo non verbale della Serpeverde. Dopodiché la fece tornare nella manica e percorse la linea vermiglia con l’indice, prima di portarselo alla bocca. Socchiuse gli occhi per un attimo e poi ridacchiò. Ebbene sì, per quanto quel suono potesse essere assimilabile ad una risata piuttosto che al campanellino di poco prima.
    Può andare – asserì soddisfatta – Assaggia!
    E senza aspettare la sua risposta gli avvicino il dito alle labbra.
    Adesso ti devi bendare, ti faccio vedere qualcosa di davvero divertenete.
     
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    Immaginatevi di essere in una barca, voi siete lì con il vostro equipaggio ed una tempesta che vi accompagnerà per tutta la notte. Bene, mettete Robert come se fosse la barca e Shea la tempesta, in qualche modo la barca doveva salvarsi e come farlo se non cercare di sopravvivere alla tempesta?
    Forse la tattica del assecondiamo il divertimento di una serpeverde non era tra le migliori. Aveva detto quelle parole in preda alla stanchezza e alla noia, ma mostrarsi privo di difese e pronto a subire qualsiasi colpo, aveva fatto sì che le attenzioni di Shea passassero totalmente nei confronti del corvonero. Gli insulti non mancarono, ovviamente, ma non avevano più quel tono distaccato, anzi la voce di Shea sembrava più acuta e felice se proprio dovevamo definirla così. Affermò che quella sera si sarebbe fatto a modo suo, possibile sarebbe andata così. "Faremo a modo tuo, come dici tu." Acconsentì alla cosa, ma avrebbe rispettato i suoi limiti, era pur sempre un'autorità all'interno della scuola, se la serpeverde avesse fatto qualcosa di avventato, avrebbe comunque dovuto contenerla.

    Per prima cosa non siamo nella stessa barca. Tu sei molto più in basso, questo deve essere chiaro, per il resto….vediamo
    Un serpeverde non avrebbe mai detto di essere al pari con qualcuno, ma quella sera anche se Shea aveva negato il tutto, Robert rimaneva convinto della sua affermazione. Ignorò la roba del molto più in basso, avrebbe persino aggiunto da che pulpito venisse la predica, ma preferì stare zitto, aveva le attenzioni della caposcuola, ora bisognava vedere cosa aveva in mente.
    La vide avvicinarsi, mettersi in punta di piedi e poggiare sulla sua guancia la punta della bacchetta. Iniziò a scendere lentamente e sentì la carne della guancia lacerarsi, in seguito sentì bruciare. Chiuse gli occhi di scatto e sospirò cercando di non dire nulla.
    Riaprì gli occhi qualche secondo dopo, vide Shea posare la bacchetta, passare l'indice sulla sua guancia e poi successivamente la vide metterselo in bocca. Sentì successivamente una risata. Shea Mclean sapeva ridere? "Stanotte sono sicuro che finirò con una mano mozzata."
    Assaggia
    Vide il dito della serpeverde avvicinarsi alle sue labbra, Robert sospirò poggiando le labbra sul dito. Cosa gli costava assaggiare nuovamente il suo sangue? Era già successo altre volte per colpa di un fratello pazzo, che sarà mai una goccia?
    "Bendarmi? Ora sono sicuro che mi butterai dalle scale." Prese la bacchetta, l'avvicinò alla tempia e recitò non verbalmente l'incanto: "Obscuro". Una benda nera spuntò intorno agli occhi di Robert. "Se dovesse succedere comunque, è stata mia la scelta di voler fare a modo tuo." Shea avrebbe potuto non cogliere la sua ironia, preferì correggersi prima che quella sera avrebbe fatto un bel volo dalla torre di astronomia.
     
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  9. Shea Eventine McLean
     
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    La situazione cominciava a farsi davvero interessante! E chi l’avrebbe mai detto? No, seriamente, chi di voi gentilissimi lettori avrebbe mai immaginato che Robert Opossum Noble potesse avere davvero qualcosa da offrire alla giovane Serpeverde? Non era successo molto spesso agli occhi dell’inerme Castello di poter ammirare la scozzese così…esaltata. Certo, lei aveva il suo modo di mostrare quel genere di emozioni (sempre ammesso che ne avesse), però era di certo una grande novità, nonché un importante traguardo.
    Si trattenne a malapena dal battere le mani saltellando sul posto, come faceva da piccola quando Sketch le riportava qualche trofeo di guerra per poterci giocare, ma non riuscì a celare un sorriso che sperava fortemente il collega non avesse visto, per via della benda.
    Non ho ancora deciso se mi diverta o mi infastidisca che tu sia improvvisamente così arrendevole, Noble, ma nel dubbio deciderò semplicemente di dirti di stare zitto e non lamentarti. Vedrai: sarà fantastico!
    E poi davvero pensava che l’ingegnosa e diabolica scozzese avesse fatto tutto quello solo per buttarlo dalle scale? Era una cosa così banale e poco utile, considerando che avrebbe dovuto fare rapporto per l’accaduto con Cohle e che lui li avrebbe tenuti alzati tutta la notte, probabilmente solo per non stare da solo con i suoi fantasmi e la sua bottiglia di scotch invecchiato.
    Ma non era quello il momento di pensare a quel vecchio saggio professore, no, quello era il momento di guardare – possibilmente senza ridere – una ragazza dai capelli fiammanti alta circa un metro e sessantacinque, squadrarsi un ragazzone di un metro e novanta, chiedendosi come fare a portarlo dove diceva lei.
    In momenti come quello era davvero facile dimenticare quanto si fosse dimostrata subdola, meschina e sadica la Caposcuola di Serpeverde, anzi, sembrava quasi una persona normale!
    Se ne stava lì, avvicinando di tanto in tanto un braccio in direzione del Corvonero senza mai però toccarlo. E ora come ce lo porto nei sotterranei? Pensò prima di trascinarlo dalla cravatta, ma non gli sembrava una posizione molto comoda da assumere, vista l’eccessiva altezza del moro e visto che probabilmente si sarebbe rivelato goffo e sarebbe caduto, poteva trascinarlo per la divisa, ma avrebbe rischiato di ottenere lo stesso risultato e non poteva nemmeno spingerlo da dietro, perché avrebbe finito per non vedere la strada. C’era una sola e tremenda cosa da fare: doveva toccare la sua…mano.
    Ebbene sì, quello fu un momento particolarmente difficile per la giovane, che aborrava il contatto fisico con gli estranei almeno quanto detestava i carciofi e lei odiava davvero tanto i carciofi.
    Allungò la mano verso quella del Caposcuola due o tre volte invano, prima di decidersi ed afferrarla, come fosse un pezzo di legno o un oggetto qualsiasi.
    Devi seguirmi e vedi di non cadere, per una volta che non voglio ucciderti sarebbe frustrante se morissi.
    Così percorse a ritroso la strada che aveva fatto per raggiungere il primo piano e poi, una volta superato l’ingresso alla sua Sala Comune, svoltò prima a destra e poi a sinistra, imboccando una serie di piccoli cunicoli che avrebbero fatto perdere chiunque non fosse abbastanza pratico dei Sotterranei del Castello.
    Dopo pochi minuti in cui il silenzio fece da padrone, arrivarono nel piccolo nascondiglio della Serpeverde. Era un luogo piuttosto angusto, caratterizzato dalla solita luce verdastra che aleggiava nei locali sottostanti al Lago Nero e con la stessa umidità che si poteva trovare nella peggior grotta sperduta nel mondo. Ovviamente lei amava quel luogo. Alle pareti aveva appeso con la magia qualche oggetto magico, la maggior parte dei quali erano stati acquistati illegalmente a Notturn Alley durante qualche misteriosa e soprattutto legale fuga uscita. C’era davvero di tutto, dalle candele avvelenate a dei strani libri che sussurravano in lingue poco note ai più, pergamene, intrugli gorgoglianti e strani barattoli contenenti oggetti non ancora meglio identificati.
    Finite Incantatem
    Disse tutta soddisfatta puntando la bacchetta verso il Corvonero e sciogliendo finalmente quello strano contatto, per poi prendere un altro piccolo ed ultimo assaggio dalla linea rossa che solcava la guancia del ragazzo.
    Nessuno conosce questo posto – esordì, con un tono misto tra l’esaltato e l’inquietante – Non uscirtene con le tue solite cavolate da Corvonero barboso e giochiamo. Possiamo fare tutto, soprattutto quello che in superficie non si può fare – continuò, con euforia crescente – Proposte? O devo davvero fare tutto io?.
     
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    Era totalmente al buio. Gli occhi del corvonero, celati da quella benda magica, iniziarono ad abituarsi al buio quasi subito. Non era bello, non lo era affatto, ora più che mai Robert Noble si sentiva senza difese con la paura che Shea, presa da quello strano entusiasmo - mai visto agli occhi del corvonero - potesse arrivare a farle qualcosa, non sperava nel peggio, ma ormai si stava abituando anche a quello.
    Non c'era bisogno che Shea Mclean sottolineasse che dovesse stare zitto e non lamentarsi, preferiva in quel momento tenersi stretto la serpeverde, decidendo di assecondare la sua proposta di non proferire parola.
    Rimase lì in attesa di un segno di Shea, ma non sembrava arrivare. Iniziò a sentirsi pure stanco di quella benda e avrebbe castato un finite incantatem, solo e solo se la serpeverde non avsse preso in iniziativa. Il segno arrivò, ma le uniche cose che riuscì a sentire era la mano della ragazza che si avvicinò un paio di volte a quella del corvonero. Sembrava che Shea non adorasse il contatto fisico e prima di prenderla definitivamente e trascinarlo via passò qualche minuto di troppo. Dentro di sé Robert pensava che Shea avesse veramente dei seri problemi a relazionarsi, ma non immaginava fino a questo punto. "Quanto sarà difficile per te tenermi la mano in questo momento, eh?" Non appena pensò questo, la serpeverde lo prese per mano e di conseguenza lasciò trascinare verso il luogo prestabilito.
    Shea affermò che non voleva ucciderlo, ma che Robert doveva stare attento a non cadere, le sarebbe dispiaciuto se fosse successa qualcosa, sicuramente un dispiacere dovuto alla totale complicità nell'avermi fatto male.
    Si lasciò trasportare dalla serpeverde. Immaginò subito che la strada fatta portava ai sotterranei. Scese le scale, questo l'aveva capito, ma non riusciva ad identificare le strade prese, era pur sempre al buio.
    "E' un posto umido... Siamo nei sotterranei, ne sono sicuro."
    Non poteva nemmeno riconoscere il luogo per via di quella dannatissima benda, copriva non solo la luce, ma era come se fosse diventato cieco, solo buio e oscurità intorno a lui. "Non vorrei mai perdere la vista se da cieco è così." Sospirò mentre camminava mano nella mano con la serpeverde. Era una sensazione strana quella di tenere per mano Shea, ma la sensazione sembro variare man mano che i minuti passavano.
    "Finite Incantatem"
    Una strana luce verde, dovuta dal profondo del lago, accecò momentaneamente il corvonero. Sbattè le palpebre numerose volte prima di mettere a fuoco il luogo dove era finito. Nessuno conosce questo posto E avrebbe pure persino risposto male alla serpeverde, chi avrebbe voluto conoscere quel luogo? Sì era un posto piuttosto nascosto e mai visto da Robert, però chi passerebbe tempo nei sotterranei se non una serpeverde? Non voleva solite battute da corvonero barboso come lo aveva descritto lei, ma voleva giocare.
    "Possiamo fare tutto, soprattutto quello che in superficie non si può fare. Proposte? O devo davvero fare tutto io?.
    Il tono della serpeverde era leggermente euforico, non aveva mai visto la ragazza così e, la frase detta dalla serpeverde sembrava fin troppo ambigua per i gusti di Robert. Voleva giocare? Va bene, era giunto il momento di accontentarla.
    Era poggiato ad un tavolo, con Shea di fronte a lui tutta esaltata. Aveva appena assaggiato un altro po' del suo sangue e lì Robert si mise a ridere. "Potrebbero essere tante le proposte, Mclean." Si alzò e si avvicinò alla serpeverde, iniziando a giocare con la punta della cravatta verde e argento di Shea. "Nessuno conosce questo posto, siamo soli e potremmo divertirci in molti modi." La tirò leggermente a sé avvicinando il viso a quello di Shea: "Ma ho notato una certa distanza con il contatto umano." Si passò un dito sulla ferita inflitta dalla rossa e le disegnò il contorno delle labbra con il sangue. "Una bella proposta sarebbe cercare quel pazzo di mio fratello. Saresti la persona adatta per una bella vendetta." Aveva lasciato la cravatta della serpeverde e allontanandosi iniziò a guardare la stanza, con una piccola difficoltà dovuta alla poca luce presente.
     
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  11. Shea Eventine McLean
     
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    Un attimo. Giusto un piccolo – magari eterno – attimo per capire cosa era successo. Da quando le persone osavano avvicinarsi a lei? Da quando Noble lo faceva? E da quando, soprattutto, lo faceva in quel modo?
    Tilt. Il primo pensiero fu quello di mettersi sulla difensiva, il suo concetto di difensiva, per cui non appena lui si avvicinò fece svicolare la bacchetta dalla manica, impugnandola stretta. Stava già per puntargliela contro, poi si rese conto che voleva solo…giocare con la sua cravatta? E perché? Quella non era che l’ennesima conferma del fatto che lei non avrebbe mai e poi mai compreso i complessi meccanismi sociali degli adolescenti. Un momento…e se…?
    Per tre secondi un’idea malsana le balenò in testa: Noble era per caso in una di quelle fasi da adolescente? Voglio dire, lei ovviamente sapeva che tutti i ragazzi avessero dei bisogni, ma anche Opossum era così? Aveva quasi dimenticato quanto una ragazza potesse ottenere grazie al suo solo corpo. Era una cosa che le aveva sempre fatto schifo in realtà, quando era più piccola, però aveva imparato ad usarla a suo vantaggio, soprattutto nel periodo in cui era riuscita ad ottenere la carica da Prefetto. Come aveva potuto dimenticare una cosa così importante e soprattutto utile. In fondo, perché sforzarsi tanto per ottenere un risultato più immediato usando semplicemente se stessi? Come si dice, il fine giustifica sempre i mezzi ed i suoi fini erano tanto importanti quanto grandi i suoi mezzi, sebbene si dovesse parafrasare un po’ questa massima, in quel caso specifico.
    Quindi lo lasciò fare – e fu un enorme colpo di fortuna che la Serpeverde ebbe quell’illuminazione poco prima che il ragazzo cercasse di avvicinarla a sé, perché altrimenti sarebbe stato cruciato con la stessa velocità con cui Edmund Kingsbury si fiondava su un piatto di pollo al forno durante il suo primo anno – guardandolo sempre di sottecchi.
    Era strano come quella ragazza riuscisse a dare l’impressione di essere alta due metri, con la forza del suo sguardo, nonostante superasse di appena una quindicina di centimetri il metro e mezzo e la cosa le piaceva tanto, anche se era strano guardare qualcuno da quella prospettiva, non essendo stata lei a cercare una situazione simile. Insomma, un conto era intimidire qualcuno – quello era facile come bere un bicchier d’acqua – un conto… un conto ben diverso erano quelle questioni così…normali. Troppo forse per lei.
    Alzò appena un sopracciglio, quando lui osò decise di toccarle le labbra, per poi leccarsele appena.
    davvero, Noble?
    Era scettica, soprattutto perché non era affatto convinta del comportamento del Corvonero, finanche troppo spavaldo per come era abituata a vederlo (nonostante fosse perfettamente normale, pensandoci, che fosse attratto da lei, insomma: era praticamente perfetta). Non le restava che sfruttare la situazione a suo vantaggio e se c’era una cosa che Shea sapeva fare benissimo era trarre vantaggio da ogni situazione. Se quello era il gioco che il ragazzo voleva fare, quello sarebbe stato il gioco che la scozzese avrebbe vinto.
    Riprese in breve tempo il controllo – sebbene fosse rimasta spiazzata sulle prime, questo bisogna ammetterlo anche se lei non lo farebbe mai – e fece qualche passo verso un piccolo tavolo pieno di fialette di ogni genere.
    Finalmente si ragiona, stai giocando a fare il grande o facciamo sul serio? - Ridacchiò, con una voce un paio di toni più bassa del solito - E cosa avevi in mente? Veleni, torture magiche…dissanguamento
    Nel parlare sfiorava con la punta delle dita diversi oggetti appesi alla parete, fino a raggiungere nuovamente il Caposcuola, con uno sguardo nuovo, un misto tra follia, divertimento e qualcosa di non meglio identificato che fino a quel momento in pochissimi avevano potuto vedere. Gli fece un giro attorno, come per studiarlo meglio e passandogli un dito prima sul petto e poi sulla schiena, proprio come aveva fatto poco prima con i suoi giochi.
    Sei ancora in tempo per scappare sai? - una piccola risatina malvagia ma altrettanto divertita le incurvò le labbra, producendo uno strano scampanellio nell’aria - dovresti solo trovare l’uscita.
     
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